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Friday 13 June 2014

L'Oro, l'Arcano Massimo




L'uomo del medioevo attribuiva un valore elevatissimo all'oro, e non solo per gli ovvi motivi economici che possiamo ben immaginare.

Unico tra i metalli noti ad essere inattaccabile dagli acidi, era ritenuto "nobile", vale a dire fatto di una sostanza superiore alle altre disponibili in natura, e in qualche modo "celeste". 

Per la sua incredibile capacità di riflettere la luce, era usato negli sfondi dei mosaici bizantini a raffigurare quello spazio del Paradiso entro il quale abitavano Cristo, la Vergine e i santi.

La medicina convalidava quest'idea, e i più insigni dottori del tempo consigliavano di assumere ogni giorno una modica quantità di oro, convinti che fosse in grado di migliorare il funzionamento dell'organismo, garantendo dunque una salute più florida.

Così afferma un testo di alchimia attribuito ad Arnaldo da Villanova:

"Un gran numero di persone oggi, in particolare i prelati, fanno bollire dei pezzi d'oro nella loro cucina; altri lo assumono entro piccoli pani accompagnati da un elettuario o sotto forma di limatura, come nel medicamento chiamato dyacameron, dove si trova limatura sia d'oro, sia d'argento. 

Alcuni hanno adottato l'abitudine di tenere in bocca dei pezzi d'oro e via via inghiottono la saliva formatasi attorno al detto oro. 

Altri ancora convertono l'oro in liquido potabile. Basta una piccola quantità durante l'anno, per preservare la salute e permettere il rigenerarsi dei principi vitali."

Papa Clemente V, il pontefice che dovette affrontare la complicata ed oscura questione del processo contro l'ordine dei Templari, era malandato in salute e assumeva l'oro limato da alcuni fiorini, ma non era certo stato il primo a introdurre tale pratica. 

Il trattato Come ritardare gli incomodi della vecchiaia, scritto per papa Innocenzo IV (1243-1254), lo consiglia come elemento capace di prolungare la giovinezza.

Ma forse la migliore trattazione in proposito è quella di Ruggero Bacone, fra i più illustri scienziati del medioevo: il suo ultimo trattato è interamente dedicato ai poteri curativi del metallo aurifero, che l'alchimista deve preparare avendo cura di esporlo ai raggi propiziatori del sole e delle stele, in modo che si carichi delle loro virtù. 

Trasformato in tal modo in carne e sangue umano, si credeva che potesse prevenire tutte le infermità, rendere la salute permanente e prolungare il corso della vita.

C'era tuttavia anche un secondo tipo di oro, più segreto ed eliso, che non poteva essere usato per il conio e sfuggiva alla conoscenza del volgo. 

Non possiamo dire con esattezza quale fosse la natura di questo elemento, ma sappiamo che ad esso guardavano con molto desiderio gli alchimisti e i sapienti del medioevo.

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